La Terapia Familiare
Probabilmente è da quando la famiglia esiste che uomini e donne si scambiano parole, discorsi e reciproca comprensione a proposito dei problemi familiari. Altrettanto probabilmente, appena il genere umano raggiunse una prosperità sufficiente da consentire lo sviluppo di professioni specializzate (il capo, il prete, il medico…etc…), i doveri e le prerogative di questi personaggi dovettero comprendere anche i consigli sui diversi problemi. Soltanto nel nostro secolo, e nella nostra cultura, però, si è sviluppata una professione il cui unico scopo è trattare i problemi che nascono tra i membri di una famiglia.
Dare una definizione di “Terapia della Famiglia” è impresa ardua: a differenza, per esempio, della psicanalisi e della psicoterapia psicodinamica, che pur nelle loro ormai infinite articolazioni derivano tutte dal comune tronco freudiano, la terapia della famiglia è un movimento policentrico, che ha avuto diversi punti d’origine, diversi sviluppi, talvolta interconnessi ma più spesso indipendenti, e diversi – comunque non definitivi – punti d’arrivo. Ogni studioso di questo approccio riconosce, comunque, che lo sviluppo della concezione sistemica risale alle riflessioni ed alle ricerche di Bateson (1972), secondo il quale la soggettività è frutto dell’interazione dell’individuo con gli altri, non è qualcosa maturata all’interno dell’individuo isolato; egli dà, quindi, una definizione di io contestuale: introduce il termine schismogenesi, con il quale si riferisce ad un processo di differenziazione nelle norme del comportamento individuale risultante dall’interazione cumulativa fra individui. […].
Il comportamento di un qualsiasi individuo in un qualsiasi contesto è, in un certo senso, compatibile, dal punto di vista conoscitivo, col comportamento di tutti gli altri individui in tutti gli altri contesti. (Bateson, 1972, p.106).
Dott.ssa Silva